Astronomia... che passione

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L'astronomia, che etimologicamente significa legge delle stelle (dal greco: αστρονομία = άστρον + νόμος), è la scienza il cui oggetto è l'osservazione e la spiegazione degli eventi celesti. Studia le origini e l'evoluzione, le proprietà fisiche, chimiche e temporali degli oggetti che formano l'universo e che possono essere osservati sulla sfera celeste.


Ma per poter osservare l'universo occorre avere uno strumento di osservazione, ed'ecco che entra in gioco il TELESCOPIO


Il Telescopio è uno strumento che raccoglie la luce proveniente da un oggetto lontano, la concentra in un punto (detto fuoco) e ne produce un' immagine ingrandita.  
I telescopi si dividono generalmente, in due grandi gruppi in base alle loro caratteristiche ottiche:  rifrattori e riflettori. 


Il vantaggio nell'uso del telescopio per le osservazioni astronomiche risiede essenzialmente nella loro capacità di mostrare dettagli più fini (potere risolutivo) e nella capacità di raccogliere più luce (potere di raccolta della luce) fornendo immagini più luminose degli oggetti del cielo. Inoltre, i telescopi sono anche in grado di ingrandire le immagini (potere di ingrandimento) anche se, ad un ingrandimento più spinto si associa sempre un maggiore effetto di disturbo dell'immagine, dovuto ai moti turbolenti dell'atmosfera (seeing). Inoltre, forti ingrandimenti, comportano una maggior difficoltà di osservazione in quanto si accompagnano in genere ad un ridotto campo di vista. Inoltre, solo alcuni oggetti del cielo hanno bisogno di ingrandimenti spinti per essere osservati. Generalmente, pianeti, Luna e stelle doppie si osservano in un intervallo utile che va dai 150 ai 300 o più ingrandimenti. Gli oggetti del profondo cielo, come galassie, nebulose e ammassi stellari, si osservano bene già a partire da 10x o 20x e sono quindi alla portata di un semplice binocolo 10x50, purchè osservati sotto un cielo veramente scuro. Oggetti del genere, in un telescopio riflettore non eccessivamente costoso di apertura (diametro dello specchio primario) medio-grande         (200 - 400 mm), e sotto cieli scuri, come quelli che si trovano in montagna, lontano dalle luci delle grandi città, mostrano ad un occhio allenato, sfumature e variazioni di tonalità letteralmente mozzafiato.






RIFRATTORI
rifrattori sono detti anche cannocchiali o telescopi galileani poiché Galileo Galilei per la prima volta ne usò uno per i suoi studi astronomici. I cannocchiali sono formati essenzialmente da un tubo che ha ad una sua estremità una lente o gruppo di lenti principali dette obiettivo che raccolgono e focalizzano la luce su un piano. L’immagine focalizzata viene ingrandita da una altro gruppo di lenti, dette oculare, sistemate all’altra estremità del tubo.


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Piccolo telescopio rifrattore
Sopra. Schema ottico di un telescopio rifrattore
I telescopi rifrattori sono insuperabili nell’osservazione della Luna e dei pianeti in quanto danno immagini molto ben definite, ma hanno lo svantaggio di costare veramente tanto, soprattutto quelli cosiddetti apocromatici il cui obiettivo è composto da una serie di lenti di ottima fattura in grado di garantire la messa a fuoco delle tre lunghezze d'onda fondamentali (blu, giallo e rosso) sullo stesso piano focale, fornendo immagini molto più fedeli rispetto ai più economici acromatici, e che sono in genere, destinati ad astrofili propensi a spendere cifre molto elevate per ottenere immagini senza compromessi.
RIFLETTORI (newtoniani)
I telescopi riflettori sono detti anche telescopi newtoniani perché inventati dal grande fisico Isaac Newton. Sono i più diffusi perché a parità di diametro dell’obiettivo sono molto meno costosi dei rifrattori. In questi telescopi la luce viene raccolta e focalizzata da uno specchio parabolico e non da una lente come per i cannocchiali. L’immagine focalizzata viene deviata da uno specchio secondario al sistema di lenti dell’oculare che la ingrandiscono.


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Piccolo telescopio riflettore
Sopra. Schema ottico di un telescopio riflettore
Anche se non danno le immagini perfette dei rifrattori apocromatici, i newtoniani costruiti accuratamente, possono essere utilizzati per l’osservazione di tutti gli oggetti del cielo, Luna e pianeti inclusi. Il loro basso costo inoltre, permette di acquistare uno strumento di maggiore diametro in grado di raccogliere più luce e con un maggiore potere risolutivo. Particolari niente affatto trascurabili nelle osservazioni sia di oggetti dalla debole luminosità ma anche di quelli che richiedono forti ingrandimenti.
Inoltre, esistono diversi altri tipi di telescopi, ognuno progettato per un particolare scopo. Senza voler scendere troppo nei particolari bisogna ricordare i diffusissimi Schmidt-Cassegrain, telescopi tuttofare il cui punto di forza è la trasportabilità unita a diametri relativamente generosi.

Un secondo strumento appartenente alla famiglia dei riflettori è il Cassegrain che, similmente ad un Newtoniano, presenta un estremità aperta, esso è realizzato tramite uno specchio primario, in questo caso concavo e forato al centro, ed uno specchio secondario convesso posto prima del fuoco in direzione perpendicolare al foro del primario. La luce raccolta dall’apertura viene proiettata sullo specchio primario, il quale proietta il fascio luminoso verso lo specchio secondario che a sua volta reindirizzerà la radiazione luminosa all’interno del focheggiatore. La diversa forma e posizione degli specchi di questi telescopi fa si che il focheggiatore sia collocato all’altra estremità del tubo. Tali configurazioni ottiche presentano lunghezze focali doppie rispetto altri strumenti come i rifrattori, ciò significa che a parità di oculari è possibile ottenere il doppio degli ingrandimenti. Esempio in figura:Tra i Newtoniani troviamo modelli varianti:


Altri schemi ottici. Sono da ricordare almeno i più diffusi schemi ottici.
Schema ottico Schmidt Cassegrain
1-Schmidt-Cassegrain. Ottica mista a lenti e specchi. Telescopi generici il cui punto di forza è la portatilità.
Da quanto si evince dal nome, questo sistema ottico rappresenta un compromesso tra il telescopio Schmidt e il Cassegrain. Il che significa che fruiscono della resa di un riflettore accoppiata alle prestazioni di un rifrattore. Un vantaggio di questi catadiottrici è riferito al rapporto costo/prestazioni, che ne implica una notevole diffusione al pari degli strumenti trattati in precedenza. Nel concreto lo Schmidt-Cassegrain è costituito da due specchi a sezione sferica e una lente con superficie asferica. La lente è utilizzata per eliminare aberrazioni di natura sferica come per lo Schmidt, mentre gli specchi si comportano allo stesso modo dei Cassegrain. La novità dello Schmidt-Cassegrain è nel focheggiatore, il quale va ad agire sullo specchio primario che muovendolo causa uno spostamento dell’immagine durante la messa a fuoco della stessa. Un esempio di questi schemi e mostrato in figura: 
Schema ottico Maksutov Cassegrain


2-Maksutov-Cassegrain. Telescopio ad ottica mista, con schema ottico particolarmente dedicato all'osservazione planetaria in alta risoluzione.
Il Mak-Cassegrain è una variante dello Schmidt-Cassegrain, che presenta un menisco correttivo con superficie sferica al posto della lente asferica e gli usuali specchi a sezione sferica. Il motivo dell’introduzione del menisco è la scongiura dell’aberrazione sferica prodotta dallo specchio principale. Il menisco viene progettato opportunamente alle dimensioni dello specchio primario in quanto produrrà un altrettante aberrazione simmetrica a quella dello specchio. Lo specchio secondario, invece, è ottenuto alluminando la porzione centrale interna del menisco correttore (questa configurazione è detta Gregory). Cosi facendo vi è una semplificazione sia ottica che meccanica. Anche questo catadiottrico si contraddistingue per la compattezza e le elevate lunghezze focali. Ottimo nelle osservazione di oggetti del sistema solare e stelle doppie. Qui il fascio luminoso all’inizio del suo cammino incontrerà prima il menisco per poi essere rifratto sullo specchio primario, che a sua volta lo rifletterà sul secondario per finire in fine nel campo dell’oculare. Anche il Mak come lo Schmidt-Cassegrain presenta il medesimo sistema di focheggiatura. Un esempio è riportato in figura:

Schema ottico Maksutov Newton
3-Maksutov-Newton. Telescopio con  schema ottico misto dedicato all'osservazione planetaria.
Il catadiottrico Mak-Newton ha ottenuto negli ultimi anni una diffusione smisurata, questo si mostra essenzialmente come un comunissimo riflettore Newton, con la differenza che, invece di presentarsi con il tubo ottico aperto, esibisce un menisco correttore che andrà a chiudere il tubo (riducendone la turbolenza interna). Il motivo della presenza del menisco, che lo rende un catadiottrico, è annullare l’aberrazione sferica prodotta dallo specchio primario, in quanto ne produce una simmetrica di segno opposto (quindi detto aplanatico). Il percorso della radiazione elettromagnetica catturata dall’apertura è analogo alNewtoniano. Tale strumento è diventato famoso in quanto ottimo per qualsiasi tipo di osservazione.

Telescopi Catadiottrici,  Questo importantissimo strumento, ideato da Bernhardt Schmidt nel 1930, è stato la chiave di volta per l’invenzione di molteplici schemi ottici che prendono il nome di catadiottrici. Un telescopio di tal genere non è nient’altro che un ibrido tra telescopi rifrattori e riflettori. Esso è costituito essenzialmente da uno specchio sferico e da una lente. La forma dello specchio serve a prevenire l’aberrazione di coma, mentre la lente è utilizzata per eliminare l’aberrazione sferica. Questa categoria di strumenti è ideata per conseguire elevate prestazioni in concomitanza di minor ingombro, unendo i vantaggi offerti dai rifrattori e riflettori. 
                                                     Maksutov-Newton
Maksutov-Cassegrai                               
                                                                         Schmidt-Cassegrain



















                                  
                                                                                                                                                               

         






Come si leggono le caratteristiche di un telescopio.  Per capire le prestazioni che un telescopio è in grado di fornire, e imparare a distinguere fra diversi tipi, è importante conoscerne le caratteristiche così come per comprendere le differenze di prestazioni fra diversi computer è importante sapere il tipo di processore, le memorie RAM e dell' Hard Disk,  ecc.
Di un telescopio bisogna conoscere almeno il tipo di sistema ottico, il diametro in mm, cm o pollici dell'obiettivo (lente nei rifrattori o specchio primario nei riflettori), la lunghezza focale dell'obiettivo in mm oppure il rapporto focale che è il rapporto tra la lunghezza focale dell'obiettivo in mm e il diametro dell'obiettivo sempre espresso in mm. È inoltre indispensabile conoscere la lunghezza focale di ciascun oculare che viene usato durante le osservazioni.
È infine, importante conoscere il tipo di montatura del telescopio, cioè il supporto che regge il tubo ottico. In breve, le montature si distinguono in altazimutali edequatoriali.
Le prime sono molto più semplici da utilizzare e generalmente più economiche; si pensi ad esempio alle famose montature dei telescopi dobsoniani, robuste, semplici ed economiche, costruite in legno truciolato. Queste montature permettono solo due movimenti del tubo ottico: uno in altezza (su e giù per intenderci) perpendicolare alla linea dell'orizzonte, l'altro, in azimut, parallelo ad essa (destra, sinistra e viceversa).
Le montature equatoriali sono molto più complesse, più costose, e generalmente più pesanti delle altazimutali, ma indispensabili se si vuole fare fotografia astronomica. Presentano un moto in declinazione (allontanamento e avvicinamento dell'asse ottico all'equatore celeste) e uno in ascensione retta parallelo all'equatore celeste, generalmente motorizzati. Una volta stazionato, il telescopio viene puntato verso il corpo celeste e mediante il moto automatico in ascensione retta, lo segue facendolo rimanere al centro del campo, compensando il moto di rotazione terrestre. Il motore infatti determina una rotazione in ascensione retta da est  ad ovest di 1 grado ogni 4 minuti, opposto al moto di rotazione terrestre. Quindi, una maggiore difficolta iniziale dovuta all'ottenimento di un corretto stazionamento, viene ampiamente ripagata da una maggiore comodità nell'osservazione e in aumentate potenzialità dello strumento.
Esempi:


1 - Telescopio dobsoniano 6" F/8. È un telescopio con schema ottico a specchi newtoniano (i dobsoniani o dobson sono solo newtoniani) con un diametro dello specchio primario (obiettivo) di 6 pollici cioè di 150mm. F/8 ci sta a dire che il rapporto
L.F.(mm)/D.O.(mm) = 8 dove L.F. sta per lunghezza focale e D. O. sta per diametro obiettivo.
In altre parole, la lunghezza focale dell'obiettivo è 8 volte il suo diametro in mm. Quindi, un obiettivo di 150 mm, focalizza l'immagine su un piano distante 1200 mm. Poichè l'ingrandimento di un telescopio è dato dal rapporto tra focale obiettivo e focale oculare, con un oculare da 10 mm si raggiungeranno i 120 ingrandimenti (120x), infatti I = F. Ob (mm)/ F. Oc. (mm) = 1200mm/10mm = 120x.


2 - Telescopio newtoniano 8" F/5, su montatura equatoriale. È un telescopio a specchio con obiettivo da 200mm avente una lunghezza focale  di 1m (1000mm). Con un oculare da 10mm si  ottiene un ingrandimento di 100x.


3 - Telescopio catadiottrico Schmidt-Cassegrain 8" F/10su montatura altazimutale a forcella, equatorializzata, con motori in ascensione retta e declinazione. È un diffusissimo telescopio compatto ad ottica mista (lente e specchio) con diametro obiettivo di 8" (200mm) e lunghezza focale di 2m (2000mm): è infatti un F/10. Con un oculare da 10mm si ottengono 200x di ingrandimento. Le montature altazimutali a forcella possono essere rese equatoriali acquistando una testa equatoriale, facilmente applicabile sul resto della montatura. In questo modo, si ottengono sistemi ottici estremamente versatili soprattutto nel campo dell'astrofotografia.


4 - Telescopio rifrattore acromatico 90mm F/14,4 su montatura equatoriale. È un telescopio a lenti di tipo galileano, acromatico, con lunghezza focale di 1300 mm. Lunghezze focali elevate sono utili per l'osservazione planetaria e lunare in quanto è più facile raggiungere elevati ingrandimenti.


5 - Telescopio rifrattore apocromatico 102mm F/8, su montatura equatoriale. Rifrattore apocromatico con lunghezza focale di 820mm.






SCELTA DEL PRIMO TELESCOPIO: tocca a voi capire e sceglie in base alle vostre esigenze il vostro telescopio. 




INFORMAZIONI UTILI


INGRANDIMENTI?- f/? -  rapporto risolutivo?.... tutto ok!!





Molti si saranno chiesti cosa significasse quella sigla f/ accompagnata da un numero esempio "F20".
Il Rapporto focale è il rapporto tra la focale e il diametro . Questo valore è anche definito F seguito da un numero. Quindi sempre col C8 la focale nativa dello strumento è di 2000 mm e il diametro di 200 mm , quindi 2000/200 = 10 , ed ecco così che otteniamo la sigla F10 che descrive la focale di un telescopio. Naturalmente più F è basso più l'immagine sarà luminosa.

Dalla focale dipendo anche gli ingrandimenti di un telescopio , infatti utilizzando un oculare (cioè una lente che con una lunghezza focale propria) ci permetterà di aumentare gli ingrandimenti . Quindi se dividiamo la lunghezza focale del telescopio F e quella dell’oculare usato f avremo il numero dell’ingrandimento .
I = F/f , sempre col C8 ed un oculare da 25 mm di focale otteniamo 2000/25 = 80
Otteniamo così 80 ingrandimenti , se invece utilizziamo un oculare da 12 mm sarà allora 2000/12 = 166 .

La focale di un telescopio Può anche essere aumentata utilizzando particolari lenti , dette anche Barlow che hanno un potere moltiplicativo noto ,quindi se utilizziamo una Barlow 2x otterremo un raddoppio della focale , infatti 2000x 2 = 4000 mm , a questo punto se dividiamo questa focale col diametro del telescopio otterremo questo 4000/200 = 20 ed ecco qui che otteniamo quel valore F20 .
Questa focale con un oculare da 25 mm poterà ad avere (4000/25)160 ingrandimenti e con uno da 12 mm (4000/12) avremo 333 ingrandimenti .

Infine ci sono diversi tipi di barlow che permetto di triplicare , quadruplicare , quintuplicare e otre la focale di un telescopio .
Naturalmente non possiamo salire troppo con gli ingrandimenti , perché oltre ad un certo limite l’immagine perderà di nitidezza anche a causa delle condizioni atmosferiche 

Le caratteristiche principali di un obbiettivo sono due : il diametro(o apertura) e la lunghezza focale .Quest’ultima è la distanza tra l’obbiettivo e il suo piano focale , cioè il piano sul quale vengono focalizzate le immagini. Nel caso deriflettore l'obiettivo è costituito da uno specchio; il rifrattore, o cannocchiale, in cui l'obiettivo è costituito da una lente.
potere risolutivo cioè la capacità di vedere dettagli fini o separare oggetti vicini e il raccoglimento della luce. Tutto dipende dal diametro dell’obbiettivo,mentre dalla focale dipendono la luminosità e il numero di ingrandimenti .
La quantità di luce raccolta è direttamente proporzionale alla grandezza della dell’apertura(diametro) , in poche parole più è grande il diametro più la luce raccolta sarà maggiore con , in pratica il doppio dell’apertura comporta il quadruplo della luce raccolta.
esempio. come quando metti un bacinella al'aperto mentre piove, più la bacinella è grande maggiore sarà la pioggia raccolta
Ma tutto questo dipende da due fattori: seeing e trasparenza




1- il seeing: 






L'atmosfera terrestre costituisce un formidabile ostacolo alle capacità di penetrazione dei telescopi. Essa diluisce, diffonde, rifrange e assorbe la radiazione proveniente dagli astri, col risultato che quella che giunge al suolo, deformata e indebolita, non è più in grado di fornire tutte le informazioni che possedeva solo pochi chilometri più in alto. L'effetto combinato dell'agitazione e della dilatazione prende il nome di turbolenza (con termine inglese seeing) essa è causata dal rimescolamento di strati d'aria a diversa temperatura e densità che agiscono disordinatamente come lenti ora convergenti ora divergenti.






Il risultato lo si vede nella scintillazione delle stelle ad occhio nudo o nelle immagini oscillanti e confuse al telescopio. Si tratta dello stesso fenomeno che "fa tremolare" gli oggetti visti radenti il tettuccio di un'automobile arroventata dal Sole estivo.
Le possibilità di osservazione sono strettamente correlate all'entità della turbolenza; per questo è molto importante che insieme ai dati di osservazione si indichi sempre l'entità dell'agitazione atmosferica. Da questa esigenza sono scaturite diverse scale che, purtroppo, concorrono ad alimentare una certa confusione tra i neofiti. Quella che si usa in Italia è riportata in tabella.





















Seeing
Immagini
1
Ottime
2
Buone
3
Sufficienti
4
Insufficienti
5
Cattive
6
Pessime





2 - la trasparenza:  La trasparenza è un parametro fondamentale per l'osservazione del Cielo Profondo. Le deboli striature delle galassie saltano fuori come per magia (all'oculare) e sono visibili al contrario della notte precedente. La Via Lattea saltà all'occhio come mai vista: netta e con i confini ben delineati. E' la notte dei visualisti del deepsky, con un cielo cristallino, con stelle come puntini, secche e ben definite. Questo vuol dire trasparenza eccellente. Il cielo cristallino lo si trova spesso in montagna dove spesso ci sono correnti convettive che spostano grandi masse di aria. Gli spostamenti d'aria nell'atmosfera, infatti, purificano il cielo togliendo via umidità, velatura e quella parte restante di nuvole quasi invisibili di notte. Quando le nostre regioni sono invase da tramontana o maestrale è facile avere una trasparenza perfetta.